Il temuto CICLO
Dice in uno dei suoi monologhi, forse inconsapevole delle ire funeste che queste parole potrebbero destare nei suoi confronti da parte di molte donne, il celebre comico italiano Dario Cassini “Cosa sono in realtà le mestruazioni? Lo sappiamo noi cosa sono: altro che trauma, tragedia e disastro nucleare. Le mestruazioni per le donne non sono altro che un alibi geniale per non fare qualsiasi cosa non abbiano voglia di fare.”
Lasciando da parte le considerazioni, più o meno simpatiche (mi sto immaginando lo sguardo-laser con cui molte di voi stanno incenerendo i pixel di questa pagina), che si possono esprimere rispetto a questa battuta scherzosa, possiamo provare a chiacchierare insieme su questo “trauma”, su questo piccolo o grande “disastro nucleare” che ogni mese noi donne, armate di salva-slip, coppette e tamponi, ci troviamo a fronteggiare.
Che sia abbondante, regolare, scarso, intermittente, il flusso mestruale è comunque per la maggior parte di noi un nemico più o meno invisibile (i pantaloni bianchi a tal proposito la sanno lunga) con cui, circa ogni tre settimane, ci troviamo a combattere fin dalla più giovane età.
Per molte il menarca, il primo di una lunga serie di cicli mestruali, è un ricordo non proprio piacevole, talvolta colorato di aneddoti che nel tempo si sono trasformati da imbarazzanti a divertenti, talvolta invece dal carattere ancora piuttosto traumatico.
Ricordo “la mia prima volta”, al rientro da scuola, alla fine della terza media. Quel mal di pancia che mi aveva fatto compagnia fin dal mattino e che io avevo attribuito alla sagripantina mangiata per merenda a ricreazione (beati i tempi in cui si poteva ingurgitare qualsiasi cosa senza preoccuparsi della cintura), si era poi rivelato un segnale premonitore di ciò che sarebbe successo da lì a poco: il mio primo ciclo.
Non posso dimenticare quella strana, nuova e fastidiosa sensazione di “caldo-umidiccio-appiccichiccio” in mezzo alle cosce, a mano a mano che la consapevolezza si faceva strada…eccole! Non c’entrava nulla la sagripantina! Erano loro…le mestruazioni! Era arrivato anche il mio turno.
All’inizio non è stato affatto facile per me. Io che nei confronti del sangue nutro una fobia specifica, provavo disgusto anche al solo gesto di pulirmi, lavarmi, cambiarmi. Inoltre, non volendo utilizzare i tamponi interni (un rifiuto che mi accompagna tuttora), trovavo inaccettabile il dover rinunciare a una settimana di allenamento in piscina e (all’epoca ancora non utilizzavo la borsa ma giravo semplicemente con le chiavi di casa in tasca ed una banconota da 5 euro piegata nella cover del cellulare) odiavo il fatto di dovermi portare dietro assorbenti e salviette ogni volta che uscivo. Mi sentivo limitata, condizionata, vulnerabile ma soprattutto anche molto incazzata verso i “maschi”, quei ragazzetti miei coetanei che del ciclo e del disagio che questo si porta dietro erano del tutto ignari, pronti anzi a ridacchiare sotto i loro primi, sparuti baffi ogni volta in cui dalla tasca di noi ragazze spuntava il lembo dell’involucro dell’assorbente.
Col tempo ho compreso che la rabbia e i pugni stretti non mi avrebbero aiutata, non c’era nulla da fare…che io fossi d’accordo o meno, loro sarebbero tornate, puntuali, ogni mese, a farmi visita.
Ho perciò iniziato ad avere col mio ciclo mestruale un rapporto di mutua e reciproca “convivenza forzata”. “Sentite ragazze a me proprio non andate giù, ma siccome non ho la bacchetta magica e non posso farvi scomparire, tocca che troviamo una soluzione per romperci il meno possibile le scatole a vicenda. Io vi ospito ogni mese nel mio corpo a patto che voi non facciate troppo casino”.
Un po’ come una vecchia sciura che deve accettare il fatto che al piano di sotto si sia trasferita un’allegra combriccola di studentesse spagnole in Erasmus, ho firmato con le mie mestruazioni un patto di non belligeranza. Della serie “fate pure festa una volta al mese, ma non sparatemi la musica a palla e se vi manca il sale per preparavi le vostre tortillas de papa, se fate le brave, potete bussare alla mia porta.”
Come al solito l’arte del compromesso, regina di tutti i conflitti, si è rivelata efficace e, nonostante ancora oggi l’alba del ciclo mestruale sia per me l’alba di un giorno funesto, all’interno del mio personale condominio la convivenza continua, a volte di più a volte di meno, a funzionare.
Ormai so dare un nome a quel cocktail mortale di “lasciamistare-vattene-tornaqui-checazzostaifacendo-nonguardarmimentrepiango-tipregoscusa” che puntuale come un orologio svizzero ogni mese bussa alla mia porta portando in dono un sacchetto di sangue, e anche le persone che abitano la mia vita hanno imparato che ci sono giorni in cui “è meglio darmi ragione anche quando ho torto.”
Il mio compagno, i miei genitori, le amiche più care e anche qualche collega hanno ormai maturato una certa quale esperienza nell’identificare i segnali sentinella che fanno accendere la spia d’emergenza “Caution! Handle with care!” e mi sopportano anche in quei giorni in cui, se potessi guardarmi dall’esterno, mi percepirei io stessa come un grumo di yogurt lasciato inacidirsi dentro ad un vasetto dal giorno della presa della Bastiglia ad oggi.
Col tempo ho anche scoperto che questo mix micidiale di ansia, labilità emotiva, irritabilità e depressione non solo interessa oltre a me anche tantissime altre donne nel mondo, ma ha addirittura un nome: si chiama sindrome premestruale e riguarda, secondo i dati raccolti dalla Fondazione Humanitas, circa il 5% delle donne e cioè circa una su venti.
È una sindrome tipica delle donne in età fertile e le cause che la determinano non sono del tutto chiare o, per meglio dire, non trovano unanime accordo all’interno della comunità scientifica. Alcuni la attribuiscono ad una diminuzione, a ridosso del ciclo mestruale, della serotonina (un neurotrasmettitore che ci crea benessere), altri ad un disequilibrio tra estrogeni e progesterone, altri ancora ad un’alterazione nel ricambio idrosalino, con conseguente calo di magnesio.
Tra i rimedi più efficaci, sempre secondo Fondazione Humanitas, sembrerebbero essere la cura dell’alimentazione (attenzione a sale, alcol, caffè e alcolici), il corretto apporto d’acqua (almeno due litri al giorno), l’integrazione con alcune vitamine e minerali (magnesio, calcio , vitamina E e B6) e, in alcuni casi, l’assunzione della pillola contraccettiva.
Prendendo per buoni questi consigli, mi permetto di aggiungere che anche un vassoio di macaron, una ciobar fumante sul divano, un massaggio alla schiena e un bagno rilassante non guastano, ma questa è la mia opinione personale e forse, lo ammetto, sono anche un po’ viziata, oltre che golosa.
Ovviamente nessuna ricetta è universale…noi donne siamo come tante, immense, inesplorate galassie e le differenze tra noi, e i nostri cicli, sono inquantificabili come gli atomi delle polveri di stelle. Ciascuna può imparare a conoscere meglio il proprio corpo, dotarsi del miglior telescopio che riesce a procurarsi e mettersi, con tanta pazienza, ad osservare il cielo alla ricerca di qualche scia luminosa che indichi la via, lasciandosi orientare, se ritiene di aver bisogno di una compagna di viaggio, dalle sue due amiche astronaute: la ginecologa e la psicologa.
Dalla stazione della Nasa per oggi è tutto.
Un abbraccio galattico a tutte voi e alle vostre mestruazioni…io scendo a controllare giù di sotto perché mi sembra che le ragazze stiano facendo un po’ troppo casino