Manara e il DESIDERIO

I fumetti di Milo Manara sono un viaggio nel profondo e nell’altrove del desiderio femminile. Alla scoperta di quello che le donne non dicono, del lato oscuro che le agita. Un percorso clandestino nell’underground collettivo per contestare il sistema patriarcale che le vuole o sante o puttane. Immagini che si combinano con la dimensione dell’hard. Le opere di Manara, definite impropriamente erotiche, probabilmente per questioni politicamente corrette, sono decisamente pornografiche. Se la distinzione tra un genere e l’altro è data dal fatto che l’erotico allude e il pornografico esibisce, i disegni di Manara sono quanto di più esibizionista si possa osservare. Le tavole del grande maestro seducono non per la meccanica degli atti ma per gli archetipi sessuali (suora e amante, vecchio e giovane, umano e animale), i travestimenti e i dettagli utilizzati che scatenano e amplificano l’immaginazione di chi li osserva.

Le figure sono ispirate dalla realtà come dal pensiero e dialogano oscene con i contenuti del nostro inconscio. Opere che impiegano dosi massicce di erotismo e sconfinano nell’altro perché caricate di significati psicologici, filosofici e religiosi. Chissà se Milo Manara nel raccontare le donne in chiave erotica sia consapevole di affrontare due tabù, sesso e religione? Per motivi facilmente immaginabili, dovuti all’indissolubile legame tra sacro e profano, la pornografia come i fumetti erotici hanno vita difficile alla luce del sole e fuori dal circuito conclamato dell’arte. Tra tutti i pregi di questa forma d’arte, spicca lo stile adottato dal geniale fumettista sudtirolese per raccontare il desiderio lungo quel sottile filo da funamboli che è il confine tra sesso, erotismo, pornografia.

Le figure femminili di Manara sono create ad uso e consumo dell’immaginario maschile? No. Le sue donne iconiche hanno sempre un ruolo attivo, non sono mai oggetto delle storie ma protagoniste. L’autore è un chiaro sostenitore e ammiratore del potere rosa. Le sue eroine a colori, dalle prime tavole ad alta intensità erotica degli anni 80 agli ultimi lavori, sono personaggi volitivi, spesso ispirati alle attrici del cinema.

Ma il disegno, rispetto alla narrazione cinematografica, è particolarmente pornografico e più flessibile della fotografia stessa. Perché nel significare può tutto: amplifica il racconto, celebra la fantasia esasperata, rappresenta quello che nella realtà dei corpi può essere solo immaginato. Lascia spazio alle sole cose che possiamo desirare, ciò che non siamo e ciò che non abbiamo. Alla nostra infinita mancanza.

Le tavole di Manara sono la sintesi perfetta  dell’intimità degli uomini e delle donne. Come sostiene il maestro del cinema a luci rosse Lasse Braun “è solo nella pornografia che l'erotismo si realizza pienamente”. Tutto il resto è solo un pretesto per girare intorno al sesso senza farlo vedere. Spesso ben fatto e ben costruito, ma pur sempre mancante dell'essenziale. Alla fine, come la sessualità è un divenire continuo tra mascolinità e femminilità, tra illusione e disillusione, costruzione e distruzione dei generi, il desiderio non è né falso né vero, né maschile né femminile, né costruttivo né distruttive ma mette in scena l’ambiguità di ognuno di noi che i generi e le convenzioni culturali tentano di distinguere ed etichettare.

A questo universo misterioso e metafisico si contrappone il “nostro mondo” ancorato a limiti e schemi razionali da valicare. La magia del femminile nell’arte di Manara è la rappresentazione dell’altra parte della realtà. Del tassello mancante che ci rende desiderosi e desiderati. Sia per raffinatissimi che per ruvidi palati, ma solo per liberi pensatori.

Elisabetta Rossi per babeland.it