Violenza sulle DONNE (parte 2)

Come abbiamo già anticipato, nella maggioranza dei casi gli atti di violenza avvengono all’interno delle mura domestiche da parte di individui che appartengono alla più ristretta cerchia intima ed affettiva della donna, prevalentemente ad opera del partner. Il meccanismo che meglio definisce le dinamiche e le fasi della violenza domestica è noto come “cerchio della violenza” e racchiude l’insieme delle strategie che l’uomo mette in atto per sottomettere e minacciare la propria compagna, inducendola a sentirsi fragile, incapace, impotente e completamente dipendente dallo stesso persecutore. Il modello è definito a cerchio in quanto rappresenta un vero e proprio circolo vizioso che si auto-alimenta ed auto-implementa, dal momento che le varie fasi del processo si susseguono l’un l’altra in un meccanismo che è spesso difficile da disinnescare. Se immaginiamo il fenomeno della violenza come un cerchio, possiamo visualizzare come centro della circonferenza l’obiettivo del persecutore, ossia il desiderio di esercitare sulla donna un costante e crescente controllo e dominio, e come raggi della stessa otto fattori che strutturano la strategia violenta.

Quali sono i “raggi” della violenza sulle donne?

  1. Intimidazione: intimorire la donna con gesti, sguardi e parole
  2. Violenza psicologica: insultare la donna, umiliarla, manipolarla, colpevolizzarla
  3. Isolamento: impedire alla donna di coltivare relazioni, incontrare affetti, contattare persone esterne
  4. Negazione e minimizzazione: ridicolizzare la violenza sulla donna, negandone le conseguenze
  5. Strumentalizzazione dei figli: utilizzare i bambini come strumento di ricatto nei confronti della donna
  6. Sfruttare i privilegi maschili: trattare la donna con fare da padrone, impedirle di prendere decisioni
  7. Violenza economica: obbligare la donna a chiedere denaro, impedirle di procurarsene autonomamente
  8. Minaccia e coercizione: minacciare la donna di suicidio o di abbandono o di ritorsioni

Ma per quale motivo la donna subisce frequentemente questo tipo di maltrattamenti senza riuscire a liberarsi dal cerchio della violenza? I motivi sono numerosi e possono essere ricondotti sia a fattori esterni che a fattori interni. Fra i fattori interni, il principale è l’attaccamento emotivo all’abusante: la donna si sente completamente dipendente dal partner e crede che le manifestazioni di violenza dipendano dal suo non essere “sufficientemente buona e degna di amore”. In virtù di questa convinzione, la donna subisce quindi gli abusi nella vana speranza di riuscire finalmente a meritarsi l’amore del compagno il quale però, continuando a comportarsi in modo violento, non fa altro che confermare il senso di inadeguatezza e colpevolezza.

Le donne che hanno maggiore difficoltà ad uscire da situazioni e relazioni violente sono quelle che hanno sviluppato nella primissima infanzia uno stile di attaccamento insicuro nei confronti della figura di accudimento primaria (generalmente la madre), stile dal quale deriva un modello operativo interno che non autorizza ad esprimere richieste o manifestare bisogni. Al contrario la tendenza è quella di negare le proprie necessità, mettendole in secondo piano rispetto a quelle dell’altro, che deve essere continuamente assecondato e compiaciuto al fine di scongiurare un abbandono. Accanto ad uno stile di attaccamento insicuro, si collocano anche sentimenti quali paura, vergogna e senso di colpa che, determinando un’immagine di sé come di un individuo poco amabile e dignitoso, producono un forte senso di auto-svalutazione che paralizza nell’azione, rendendo difficile attuare un cambiamento. Si possono dunque sviluppare vissuti di natura depressiva, quali sensazione di estrema stanchezza sia fisica che emotiva, deprivazione, estrema tensione e sfiducia, vissuti che impediscono alla donna di chiedere aiuto.

Ancora troppa ombra avvolge la violenza che quotidianamente viene agita contro migliaia di donne tra le mura domestiche e ancora troppo poco le istituzioni sono in grado di fare per contrastare questo fenomeno. Il primo passo per combattere la violenza è farla uscire dal buio, portandola alla luce attraverso la denuncia ed il dialogo. Non è più tollerabile che la violenza venga taciuta. La violenza deve essere “parlata”, mostrata, esibita, discussa, urlata in modo che anche gli occhi e le orecchie più pigri non possano fingere di non aver visto o udito!

[Debora Rossi per babeland.it]